“La vigliaccheria chiede: è sicuro?
L’opportunità chiede: è conveniente?
La vanagloria chiede: è popolare?
Ma la coscienza chiede: è giusto?
Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare:
ma bisogna prenderla, perché è giusta!“
Questa citazione di Martin Luther King è più attuale che mai. Il 12 giugno ci sarà un election day.
Siamo chiamati alle urne per esprimere il voto rispetto ai quesiti referendari e all’elezione di molte amministrazioni comunali.
Dopo oltre due anni di misure liberticide, periodo nel quale molti hanno legittimamente lamentato la necessità di andare alle urne affinché sia il popolo a scegliere chi debba governare questo paese, fra poco più di un mese abbiamo la possibilità di esprimerci nuovamente.
Non sono elezioni politiche che possono cambiare il governo, ma queste elezioni potrebbero segnare l’inizio del cambiamento.
C’è un grande punto di domanda però: la maggioranza del paese oggi è composta da quella fascia di cittadini, che non avendo più alcuna fiducia nella politica, non si recano più alle urne. Da quella maggioranza che vuole stare fuori dal sistema. Si può dargli torto?
È una scelta assolutamente rispettabile ma che pone immediatamente altre domande.
Se rinunciamo al voto diamo una mano al cambiamento o al sistema?
Se la maggioranza del paese non vota, mettiamo in crisi il sistema, oppure mettiamo nelle mani di una minoranza il futuro dell’intero paese?
Chi è convinto che il voto non serve a nulla dirà che tanto oramai non cambia nulla. Lo diceva anche Tommasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”, che tutto cambia affinchè tutto rimanga come prima. Come dargli torto?
Come dimenticare la promessa di chi doveva aprire il Parlamento come una scatola di tonno e poi nella scatola si è rinchiuso assieme a quelli che contestava?
Oggi però è il momento di una riflessione improcrastinabile, perché il tempo per discutere si sta drasticamente riducendo. Ora o mai più. Purtroppo il rischio è questo: lo abbiamo visto in questo periodo di emergenza sanitaria che cosa è accaduto e cosa sta accadendo.
Al governo si sono succeduti prima Conte e poi Draghi, personaggi che non rispondono al popolo, perché mai eletti. A dir il vero al popolo ormai non risponde più nessuno: l’unico dio, cui rispondono, si chiama poltrona, ovvero soldi, privilegi e potere. Dei problemi di chi non ce la fa non interessa più nulla a nessuno.
E di fronte a tutto questo a volte prevale lo scoramento. Non si tratta di scegliere se andare con la destra o con la sinistra: sono solo categorie politiche oramai prive di significato. Qui si tratta di scegliere per la sopravvivenza della democrazia e anche per la sopravvivenza fisica perché continuando così moriremo non di Covid ma di fame.
E, come diceva Martin Luther King, prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare: ma bisogna prenderla, perché è giusta!
Questo è il momento di uscire dalle case, di riprendersi i nostri diritti, di esprimere, qualunque essa sia la nostra preferenza.
E’ il momento di “sporcarsi le mani”, perché è difficile uscire dal fango mantenendo le mani pulite. È il momento di candidarsi a governare le realtà locali, è il momento che le tante eccellenze che abitano questo paese, si mettano a disposizione per impedire la deriva democratica ed economica.
La devastazione di questi ultimi due anni è sotto gli occhi di tutti, il futuro si preannuncia ancora peggiore. Vogliamo ancora rimanere in attesa di un messia che ci risolva i nostri problemi? Sono oramai più di 2000 anni che non si presenta più.
Oggi non è più tempo di filosofie, di discussioni sui massimi sistemi. Oggi è il tempo della concretezza, piccoli passi ma concreti. Anch’io sono tra quelli che per molti anni non ha votato, perché nauseato da questa politica ma oggi, soprattutto chi ha qualche anno in più e ha conosciuto questo paese quando è stato capace di raggiungere posizioni di tutto rispetto nel mondo dell’economia, ha l’obbligo morale di mettersi a disposizione.
Lo dobbiamo innanzitutto a noi stessi, ma poi anche ai nostri figli, ai nostri nipoti, al pianeta.
Lo dobbiamo alla LIBERTÀ.
Anche se ci costa fatica, anche se, come dice qualcuno, pensare alla politica provoca i conati di vomito, lo dobbiamo fare per difendere i valori in cui crediamo.
Basta mettere il nostro futuro nelle mani di altri, oggi il futuro dobbiamo costruirlo con le nostre mani, perché potremmo non aver più tempo per farlo.
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