Manca poco al 12 giugno. Aldilà dei referendum, circa 9 milioni di elettori sono chiamati ad esprimersi per le elezioni amministrative in 978 comuni, la maggior parte dei quali, ben 836, sono al di sotto dei 15 mila abitanti.
La grande incognita è la partecipazione al voto, che negli ultimi anni si è ridotta sempre più.
Quello che si avvicina rappresenta però uno spartiacque. Potrebbe essere una grande opportunità verso il cambiamento, oppure la conferma che siamo destinati alla svendita totale del nostro paese, nonché alla povertà e all’obbedienza cieca, per i prossimi 50 anni.
Non è assolutamente facile fare previsioni, perché noi italiani dimentichiamo con facilità quello che ci accade e con altrettanta facilità assumiamo nuovi modelli di vita senza nemmeno rendercene conto.
In pochissimo tempo, negli ultimi due anni, è cambiata la vita di ognuno, abbiamo subito situazioni che credevamo impossibili, e oggi siamo diventati talmente malleabili e obbedienti che continuiamo a girare con le mascherine, anche se non più richiesto da alcuno.
La prossima scadenza elettorale ci propone però, un grande riflessione sui partiti.
Hanno ancora un ruolo e un senso?
Da mani pulite in poi i partiti sono totalmente cambiati. Si sono trasformati dai partiti delle sezioni in ogni paesino, al partito personale: prima Forza Italia con Berlusconi, poi la Lega di Salvini e Fratelli d’Italia della Meloni.
La sinistra invece è passata dal PCI al PDS, ai DS e poi al PD, oltre a tutta una serie di cespugli che sono nati e morti nel frattempo. Una serie di giravolte per non cambiare nulla. Poi, c’è stata la grande parabola dei grillini che è sotto gli occhi di tutti: il più grande tradimento delle aspettative di cambiamento.
E negli ultimi due anni abbiamo assistito alla grande ammucchiata. Tutti seduti attorno alla medesima tavola in nome dell’emergenza sanitaria, e in nome di questa emergenza hanno dato il colpo di grazia alla democrazia e alla partecipazione applicando delle misure liberticide che nessuno avrebbe pensato possibili nel nostro paese e creando la più grande crisi economica dopo la Seconda guerra mondiale. Ricordiamoci che nessun Presidente del Consiglio di questa legislatura è stato eletto.
Ora quei medesimi partiti ci stanno coinvolgendo in una guerra che non è nostra, aggravando ancora di più la crisi. Qui non si tratta di essere a favore o contro la guerra: è ovvio che siamo tutti contro, ma ha senso applicare delle sanzioni che indeboliscono la nostra economia piuttosto che quella dell’avversario?
E nel mezzo di tutto questo hanno sperimentato un nuovo sistema di schiavitù: una schiavitù basata sulla paura e sul debito. Paura della malattia e della morte e debiti sempre più pesanti, creati dalla situazione emergenziale e dalla incapacità di dare risposte concrete a quanto è accaduto e sta accadendo.
Oggi le proposte della politica dei partiti sono semplici: pagare tutti i debiti compresi quelli determinati dalle scelte dissennate di questi governi, pagare gli avvisi di accertamento che sono in viaggio, spegnere il climatizzatore ora che viene l’estate e stare al fresco nel prossimo inverno. Sacrifici, sacrifici, e ancora sacrifici: ma i nostri “signorotti” che stanno ben attaccati alle loro poltrone qualche sacrificio lo fanno, o continuano a prendere i loro lauti stipendi?
Ma davvero siamo disponibili a subire anche questo?
E mai possibile che gli italiani che hanno dato i natali alla cultura in occidente rinuncino a tutto, permettendo la restaurazione proposta da questi partiti.
Purtroppo, sembra di si, la capacità di adattamento sembra infinita e su questo fanno affidamento i partiti. Da un lato abbiamo coloro che credono nel loro partito con una fede assoluta che va al di là di ogni ragionevole scelta, dall’altro abbiamo chi oramai nauseato e disilluso non vuole più saperne del sistema e ha deciso di starsene ben lontano dall’agone della politica.
Nel mezzo ci stanno i “feudatari” della politica, quei signori molto abili nell’ammaliare i loro sudditi per raggiungere quella poltrona da cui cercheranno di non staccarsene più.
E il cittadino “normale” quello che non aspira allo sgabello, quello che lavora 8 ore al giorno, quello che paga i contributi affinchè i feudatari possano rilassarsi nei salotti romani, che cosa può fare?
Può decidere di riprendersi l’unica arma di cui dispone: il diritto al voto.
Perché il destino del paese è oggi nelle mani di chi non vota più. La maggioranza è composta da chi non vuole sporcarsi le mani con il “sistema”, ma se aspettiamo che le mani se le sporchi qualcun altro, quel qualcuno lo farà per sè stesso e nel frattempo noi ci avvicineremo sempre più a baratro economico.
Non c’è nessun messia pronto a salvarci, la salvezza sta nelle nostre mani.
Non dimentichiamo che siamo governati da “feudatari” non eletti, ma nominati dal “Re” (che oggi si chiama deep state), ricordiamoci che oggi una parte del paese, circa 9 milioni, ha la possibilità di dare un grande segnale di rinascita, dopo due anni di buio assoluto.
E deve essere un segnale forte, perché diversamente l’autunno sarà non caldo, come si suol dire, ma freddo e buio in attesa della svendita totale del nostro paese.
C’è però chi dice che alle comunali non si deve guardare ai partiti ma alle persone: ecco l’ennesimo raggiro. Ed ecco che durante il prossimo mese tutti si scanneranno gli uni contro gli altri per riunirsi, in un abbraccio mortale per noi, non appena finito il round elettorale.
Oggi non siamo chiamati al voto per decidere se asfaltare una strada in più o se costruire una nuova opera pubblica, oggi siamo chiamati a decidere se in autunno saremo di nuovo chiusi nell’altalenante lock down degli ultimi due anni, o se saremo liberi, siamo chiamati a decidere se vogliamo una politica di pace e ripresa economica, o se vogliamo una nuova guerra mondiale, siamo chiamati a decidere se vogliamo un futuro di serenità e abbondanza per i nostri figli e per noi stessi oppure se vogliamo guerra, paura e povertà.
Siamo chiamati a decidere se vogliamo rimanere nella schiavitù in cui ci hanno ridotto i partiti o se vogliamo riprendere nelle nostre mani il nostro futuro.
Potrà accadere che sbagliamo di nuovo, ma è forse possibile che possiamo andare peggio di così?
Una risposta
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